Arte contemporanea e cultura in Sardegna e nel Mediterraneo


Ziqqurat n°6
Sommario

Scultura figurativa italianaPaolo Schmidlin, Contessa, 2001, scultura in terracotta policroma, grandezza naturale

di Gianluca Marziani

Bocche e denti dei nostri giorni, fatti e fattacci di città in libera detonazione, corpi estremi o quotidiani, persone con la propria biancheria e i mille tic di ogni intima storia. La migliore scultura odierna guarda dentro le folle, tagliuzza l’anima di molti, si muove tra stanze, feticci, follie casalinghe, tra i barlumi istintivi della notte e la ragione ponderata sotto la luce diurna. Insomma, l’arte scultorea prende la vita che ci riguarda. La mastica e digerisce col proprio mestiere, proponendo una tangibilità spiazzante, estrema nella sua realt‡ di materia e volumi. La scultura figurativa, insomma, è davvero viva e contemporanea, cattiva e onesta. Così come avviene da tempo in pittura, crescono gli scultori con caratteri comuni. Artisti autonomi tra loro eppure vicini nel modo di calamitare la vita nei volumi realistici. Pur senza innovazioni Ë mutata la consapevolezza rispetto al linguaggio volumetrico. Si credeva che lo specchio del reale fosse appannaggio di foto e video. La pittura recente ha poi confermato come il quotidiano stia determinando un rinnovato dipingere. Le storie normali, troppo complesse per ridursi a puro formalismo, entrano in un pennello che mette nuova linfa nei temi acquisiti. Daniele Galliano, ad esempio, racconta vita, morte e nessun miracolo di gente dentro la città mutevole. Il suo stile pittorico Ë figlio di Gerhard Richter senza che ciò implichi un limite, anzi. Sono i protagonisti dipinti a determinare l’onestà progettuale. La Scultura Figurativa Contemporanea fa qualcosa di simile e altrettanto complesso: sceglie spezzoni di vita e li isola nelle tre dimensioni. Pesca alcuni pezzi dal veloce fluire di storie o visioni comuni. Prende momenti che attraversano lo sguardo e spesso scivolano nel dimenticatoio. Comportandosi come certa pittura, segnala l’urgenza della selezione dentro il marasma. Una scelta di tasselli spietata, senza margine d’errore, rispettosa del passato ma pronta ad ogni innovazione nei materiali. Perchè tanta radicalità, direte? Un’opera scultorea richiede tempi lunghi e modi faticosi. Si impiegano materie ingombranti per risultati che occupano spazi fisici non indifferenti. Gli scultori possono sbagliare meno degli altri e devono colpire nel segno con pochissimi pezzi. Un occhio socchiuso, un labbro sensuale e un braccio tatuato non capitano lÏ per caso. Quei brandelli vengono verso le nostre storie e devono funzionare come fossero l’unica opera che dice tutto nell’uno. Le sculture ci appartengono con la loro universalità: e per farlo necessitano di una sintesi che racchiuda il massimo (energia di contenuti) nel minimo (un unico pezzo esplosivo). Pieno merito ad una generazione che non si impaurisce e segue le orme profonde di Pablo Picasso, Marcel Duchamp, Claes Oldenburg, Pino Pascali... Alcuni nomi sono qui raccontati: non gli unici ma quelli che ho maggiormente seguito nel mio percorso curatoriale. A voi gli artisti, please...

Michele Chiossi utilizza il cibo come complessa metafora della natura vivente. Isola elementi, li elabora con nuovi formati, materiali innovativi e soluzioni raffinate. L’artista gioca con le proprietà della materia e del colore, ricreando un mondo algido dove l’ironia ha lasciato le sue impronte sulle materie commestibili. Chiossi ha un approccio di spiccata figurazione ma lo elabora con attenti slittamenti astratti. Rende le forme naturali dei puri feticci che confondono lo sguardo. Permane, in modi diversi, un continuo mescolamento tra il reale e l’artificiale.

 Enrico Corte, Tre Sferette, 2001 cibachrome, dimensioni variabili (courtesy 2RC, Roma)Enrico Corte indaga il concetto di sofferenza che attraversa il corpo e il cervello. Usa una dialettica tra il cinema digitale e i reperti scultorei delle sue scenografie filmiche. Videoache, ad esempio, racconterà (appena terminato) la sofferenza sulla pelle di oggetti antropomorfi. I box del Dolorama, invece, formalizzano quel dolore in opere di alto artigianato, complessi sottotesti e calibrata ironia. Le sue sculture ingrandiscono i dettagli, isolano zone, ricreando mondi possibili dentro le strade dell’invenzione. La sintesi colorata di Corte ha

un impatto dirompente e un percorso etico senza compromessi.

David Fagioli evidenzia un intelligente rispetto per le scuole greche e romane, per chi insegnÚ le basi del sapere plastico. Il suo mondo usa quel linguaggio ma entra nell’oggi. I protagonisti nascono nel gesso e nei materiali leggeri, nei bassorilievi o nelle teste ieratiche, nel verticalismo degli obelischi e nel puro bianco. Sono però fuori registro rispetto all’accademismo, combaciando con le cose che riguardano tutti noi. I coatti di periferia diventano busti classici, i feticci generazionali stanno negli obelischi o nei bassorilievi. Si smaschera il valore del presente dentro una simbiosi infedele col passato.

 Dario Ghibaudo, Descriptio orbis terrarum. Omnes aquae - Descriptio orbis terrarum. Omnes terrae, 1998, legno, plastica fluorescente, inchiostro e carta, h 170 cm, Ø 75 cm Dario Ghibaudo analizza gli umani, gli animali e i vegetali. Con una particolarità: indagare le possibili mutazioni del loro status organico. Ha messo sottovuoto i tipi sociali in scala 1:1 (avvocato, artista, suora, militare...); costruito trofei con teste umane; creato tappeti plastici attraverso ibridi tra insetti, rettili e anfibi. Coi diorami ha reinventato piccoli set di un mondo che ingloba animali assurdi, piante impensabili e paesaggi apocalittici. Stanza dopo stanza, l’autore sta praticamente costruendo il suo Museo di Storia Innaturale (che verrà completato tra alcuni anni e raccoglier‡ l’intera carriera dell’artista).

 Andrea Nurcis, The.End (last version), 2001, resina, gesso, ragnatela, insetti, cerotti, foglia oro, h 110 cm, (collezione privata, Londra)Andrea Nurcis si traduce con l’ossessione generosa e totale. Ogni suo lavoro entra nel progetto di scavo attorno e dentro il corpo. Che poi significa capire la propria mente e il modo in cui questa governa spirito e carne. Attraverso la scultura, sempre connessa ai modelli del disegno e della pittura, l’artista fa un lavoro radicale su se stesso, sui propri doppi e sull’opera che si moltiplica in modelli e stili contrapposti. Nurcis altera, estremizza e ripensa i canoni del corpo umano. Proietta le visioni mentali sulle varie iconografie della fisicit‡. E ci dice che ogni organismo possiede una personale energia. Spesso radicale ma rigorosamente vera.

Simone Racheli, ovvero, iniziare dalle persone attorno a noi, cambiarne alcuni dettagli per proporcele come non immaginavamo. L’autore costruisce personaggi dalla scala realistica. Ne cura i particolari e poi lascia il segno della sana manualità. Ai suoi “amici” modifica un dettaglio che altera il tutto: l’astronauta in tuta spaziale legge un quotidiano, un amico collezionista spunta dal muro con il pennello da imbianchino, l’ecoterrorista aziendale stringe in mano un detersivo Aiax. Sono persone riconoscibili ma con qualcosa di oscuro, non preventivato. Si mimetizzano negli ambienti per cambiare la percezione culturale della cronaca e del pensiero.

Paolo Schmidlin, Contessa, 2001, scultura in terracotta policroma, grandezza naturale Paolo Schmidlin sottolinea come il mezzobusto in terracotta policroma stia riconquistando centralità. Schmidlin procede secondo le regole classiche del modellare. Ma usa il talento manuale come strumento per un viaggio morale nella società. L’intuito per i tipi sociali ci regala il lato iperreale e melanconico di un mondo che riguarda la vita. Signore fetish, transessuali, strani angeli, bad girls e bad boys, prostitute sadomaso, androgini, drag queen, marinai muscolosi, anziane borghesi con lifting... spiriti liberi che diventano raggianti, forti, bellissimi nel rigore della propria unicità.

 Francesco Scialò, Twins, 2002, stoffe, lana e vetro, 120 x 45 cmFrancesco Scialò usa materie povere, mescola elementi, impasta e ricrea il suo mondo tra il folklore popolare, la maschera e un climax di stampo horror. L’artista sfida lo sguardo con personaggi che entrano nel buio, illuminandosi con piccole lampadine che avvolgono la loro pelle. Il mondo di ScialÚ ha radici sacrali e ritualistiche, quasi un viaggio tra tradizioni e mistero, passato e futuro. I suoi soggetti vivono cosÏ di continue ambiguità, giocando con la fantasia e la complessità dell’antropologia. A riprova che la scultura non perde contatto con la narratività dei contenuti. E con l’etica solida di uno sguardo onesto.

Silvano Tessarollo parte dalla cera industriale. Che è stata, per diversi anni, la pelle di un’umanità particolare. Grandi e piccini, buoni e cattivi, belli e brutti: erano tutti assieme senza risparmiarsi gesti violenti e poco amichevoli. Il mondo di Tessarollo, da sempre, mette la vita dentro goffi pupazzi dalle facce simpatiche. In scena scopriamo situazioni cittadine, domestiche o vacanziere. Ogni volta, in pratica, si parte dal gioco per ribaltare gli stereotipi e le assurdità del reale. FinchÈ oggi, seguendo una tecnologia complessa, la scultura in poliuretano sfida gli iperrealismi e si espande negli ambienti.

Adrian Tranquilli ci ricorda che il supereroe Ë il dignitario di un sorprendente eroismo morale. La cultura fantasy si connette con la religione, l’antropologia e la scienza genetica. Il Cristo crocifisso, per esempio, ha preso una pelle argento e si presenta con lo stemma di Batman sul petto. Tranquilli inizia col gioco, ne smonta il meccanismo apparente e legge il mondo con strutture filosofiche. Ogni opera parte da icone popolari per ricreare i prolungamenti di quel soggetto. L’arte prosegue cosÏ le storie, mandandole in cortocircuito per ricostruirle in ulteriori combinazioni.

Gianluca Marziani Ë critico d’arte. Vive e lavora a Roma

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