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Arte contemporanea e cultura in Sardegna e nel Mediterraneo


Ziqqurat n°3
Sommario

             SohoSandy Skoglund, Revenge of the Goldfish, 1981, cibachrome photograph, 76,2 x 152,4 cm (courtesy Man, Nuoro), sull’isola di Manhattan, nel cuore di New York, c’è un posto in cui è possibile vedere un branco di cani, bracchi e terrier di colore lilla, scodinzolare e dare la zampa in un salotto anni settanta completamente foderato di erba verde. Lì è anche lecito scorgere un gruppo di volpi fameliche, rosso fuoco, aggirarsi tra i tavoli di un ristorante di classe, dove camerieri imperterriti continuano a ricevere le ordinazioni tra pietanze e arredi tutti dipinti in un grigio fumo di Londra. Oppure ci si può svegliare in una stanza da letto verde smeraldo oramai trasformata in perfetto habitat per pesci rossi, in cui gli animali nuotano liberi tra cassettoni, comodini e letti a due
Le architetture oniriche
di Sandy Skoglund
in mostra al Man di Nuoro
piazze. Questa incredibile lanterna magica, caleidoscopio capace di abbinare e mescolare in modo sorprendente forme e colori, macchina per effetti speciali e visionari degni di un film di Terry Gilliam, è un angolo dello studio di Sandy Skoglund. L’artista, nata a Quincy, nel Massachussets, cinquantatre anni fa, allestisce infatti gran parte delle sue composizioni psichedeliche, destinate poi a divenire opera fotografica, sempre nello stesso cantone del suo loft. Dove nel corso degli anni hanno trovato rifugio e dimora, pure se fuori dall’ordinario, anche modelle ricoperte di caramelle multicolori, felini verdi, foglie autunnali blu, scoiattoli color granata. Tutti costruiti in resine sintetiche.
Sandy Skoglund, che, ancora studentessa, lavorò un’estate a Disneyland, nello Space Bar della Terra del futuro, realizza personalmente, con l’aiuto di qualche assistente, tutti gli oggetti che appaiono nelle sue fotografie. Si avvale dell’aiuto di qualche gipsoteca per fabbricare gli stampi, ma solo dopo aver disegnato, in seguito a un lavoro di documentazione, ogni figura presente in scena. Per Walking on Eggshells, per esempio, studiò a lungo le rappresentazioni iconografiche del coniglio e del serpente, sia nell’arte che nella cultura ebraica, greca, celtica e nativo-americana, prima di preparare i diversi modelli. Osservò addirittura le simbologie legate al coniglio pasquale americano e allo stesso animale inteso come segno del cambiamento stagionale.
Dopo aver approntato ogni suo scorcio da paese delle meraviglie, o da set dell’incubo se si preferisce, Sandy effettua una serie di scatti. Uno soltanto diverrà opera. Un’unica inquadratura si trasformerà nella sola testimonianza, una cibachrome di grande formato, del luogo onirico e surreale creato. Un luogo in cui bambole Barbie hanno preso il sole su un mare di patatine fritte (At the Shore, 1994), foglie appassite color oltremare sono cadute dagli alberi ricoprendo la triste mobilia marrone di un ufficio (A Breeze at Work, 1987), ragazze nude han camminato leggere su un tappeto di uova, tra cobra e crotali minacciosi (Walking on Eggshells, 1997).
La prima grande personale pubblica nel nostro paese Sandy Skoglund l’ha tenuta recentemente a Nuoro, nei locali del Man. Il Museo diretto da Cristiana Collu, ha avuto il coraggio e la forza di affrontare tutte le vicissitudini necessarie per organizzare una mostra di Sandy. Catalogo ed esposizione si sono infine rivelate all’altezza della situazione. La pubblicazione del Man risulta ad oggi il volume più esaustivo in assoluto sull’opera della grande artista americana, mentre Germano Celant, dalle pagine de L’Espresso, ha avuto parole d’elogio per la mostra, che ha riunito i lavori degli ultimi vent’anni, riuscendo a portare in Sardegna pezzi oramai famosissimi quali Fox Games, Sandy Skoglund, Fox Games, 1987, cibachrome photograph, 76,2 x 152,4 cm The Revenge of the Goldfish e Cocktail Party. In catalogo è stato invece ripercorso l’intero iter della Skoglund, dagli esordi minimalisti negli anni Settanta all’iperrealismo ironico delle matite su carta di qualche anno più tardi, fino alle prime esperienze fotografiche, alle mostre da Leo Castelli e Barbara Gladstone, alle grandi composizioni museali degli ultimi due decenni. Sandy Skoglund aveva esordito in pieno periodo minimal, quando la grande epopea del pop aveva sfinito tutti anche in America. La ridondanza del colore, l’ironia esasperata, la banalità dei messaggi pseudo-pubblicitari aveva stancato tutti, e contro tutto ciò si era affermata la rigida e gelida tendenza dell’arte ultraconcettuale. La Skoglund lavorava per lo più a matita, disegnando su carta righe e labirinti sempre più ingranditi. Come se la mano non fosse altro che un microscopio, nato per indagare sempre più da vicino il gesto creativo dell’uomo. A volte, usando la macchina fotografica, riprendeva in una serie di scatti in apparenza tutti uguali alcuni oggetti all’aperto, come una villetta prefabbricata. Solo che, a guardarle con attenzione, le foto differivano profondamente, anche se solo nei dettagli: in una non c’era lo steccato davanti alla casa, in un’altra l’ingresso della casa era spostato, in un’altra ancora mancava un albero secolare sullo sfondo. Il che presupponeva un lavoro immane, anche solo per costruire queste minime differenze. Come ha più volte dichiarato nelle varie interviste, nel fare questi lavori Sandy non si divertiva affatto, si annoiava profondamente, dunque le risultò naturale tornare alla figurazione. Per recuperare il piacere di disegnare, di imprimere un segno sulla tela e sulla carta. Quando questi disegni quasi iperrealistici si fusero con quanto appreso in gioventù a Disneyland, allora nacquero i soggetti onirici e visionari che ancora oggi caratterizzano la sua ricerca.
Per quanto l’artista consideri parimenti opere sia la scultura che la stampa fotografica, in rari casi gli allestimenti restano in piedi. A volte i calchi di animali sono riutilizzati per installazioni temporanee in esterno, come nel caso dei gatti verdi, protagonisti dell'opera Sandy Skoglund, Radioactive Cats, 1980, cibachrome photograph, 76,2 x 152,4 cm Radioactive Cats del 1980, che traslocati successivamente a Parigi trovarono posto nel 1993 nelle strade del nuovo quartiere della Defence (Cats in Paris, opera ora nella collezione del Man di Nuoro). Altre volte le composizioni girano a lungo: The Green House, la scultura dei cani lilla, tra il 1990 e il 1993 è stata ospitata, dopo essere nata in quella porzione di studio, da una quindicina tra gallerie private newyorkesi, musei e università statunitensi, tra cui il Madison Art Center del Wisconsin e il Tampa Museum of Art in Florida. Bracchi e terrier dimorarono persino sulla spiaggia, ridipinti in tinta sabbia, adagiati al modo dei leoni marini, in Dogs on the Beach.

Sandy Skoglund è nata a Quincy, Massachussetts, nel 1946. Vive e lavora a New York.

Maurizio Sciaccaluga è critico d’arte. Vive e lavora a Milano.

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