Arte contemporanea e cultura in Sardegna e nel Mediterraneo


Ziqqurat n°2
Sommario

Verso un'historia naturalis
di S.Naitza

È proprio della cultura visiva dei nostri tempi l’attitudine, consolidata da più di un decennio di pratica, di coniugare la tecnica digitale con la spiritualità delle culture antiche. Quasi un desiderio di riscatto dai pericoli dello sviluppo tecnologico e dall’aridità livellatrice della vita contemporanea. Nel panorama internazionale non è difficile scoprire come gli artisti più tentati da un bricolage tecnologico-informatico contaminino spesso i loro prodotti con richiami alla cultura Zen.
Più raro è invece che questa sorta di bilanciamento venga instaurato sulla base di una rimeditazione dei valori della cultura mediterranea. Qualcosa del genere sembra accogliere lo spettatore della mostra di Paola Dessy, Sculture e grafica, allestita all’Oratorio di San Rocco a Padova.
Paola Dessy, Erba, 1998, 20 elementi in trachite rossa di Ittiri, misure diverse, Bosco, 1999, installazione.All’ingresso, il visitatore è costretto ad attraversare un Bosco (1999) di grandi pannelli di acetato sospesi come rotoli cinesi, elaborati al computer, ma recanti impressa una scrittura naturalistica, vale a dire un motivo grafico che interpreta gli esercizi di anatomia vegetale compiuti in passato dall’autrice sulle “pale” dei fichi d’India (1963). Questa foresta “virtuale”, nostalgia di una natura primigenia e lontana, esito dell’opposizione naturale/artificiale, sembra costituire un ponte tra le immagini che fugacemente appaiono e scompaiono sui nostri monitors - la nostra attuale finestra sul mondo - e la rassicurante persistenza delle strutture naturali, ripetute e ripetibili all’infinito ad ogni stagione e ad ogni anno, da secoli e millenni. Questo passaggio obbligato, che potrebbe essere vissuto come una sorta di iniziazione, conduce a un percorso espositivo costruito su un mix molto sorvegliato di opere che fanno riferimento di volta in volta a modelli organici e a soluzioni di rigore geometrico. L’apparente opposizione è dunque preannunciata, se ben interpreto, fin da quelle cortine di acetato e un visitatore attento non stenterà a comprendere che le forme pulitissime, chiuse e preziose nella loro sobrietà, delle piccole Sculture (1998) in marmo nero del Belgio e argento, altro non sono che un diverso punto di vista sulla matericità delle finissime tecniche miste Work in progress (1998), calcografie attraversate da fremiti di grafia ancora una volta vegetale, preannunciata, comunque, dalla terracotta Tracce (1979), che le precede di quasi 20 anni.
Questo brevissimo excursus è estremamente utile a mettere in luce la straordinaria coerenza delle ricerche dell’autrice, che coniuga e rinnova i temi a lei cari sulla base di una continua sperimentazione delle tecniche più varie, ma senza mai dimenticare la familiarità con la ceramica e la terracotta, che sono fra i suoi primi campi di applicazione e, nel contempo, pertinenze della sua identità etnica e culturale, solare e mediterranea. È dunque questa la forza della proposta di questa artista, la capacità di trasformare gli esiti della sua manualità e del suo amore per i materiali naturali in proposte per una lettura del mondo che rivaluti il rapporto con la storia collettiva e con quella più intima e segreta del corpo e dei pensieri.
Paola Dessy, Erba, da La campagna di zia Anna, 1984, terracotta e smalto a gran fuoco, 14,5 x 14,5 x 6,5 cm.È così che dalle terrecotte allusive a motivi vegetali degli anni ‘80, come La campagna di zia Anna (1984), nasce la gigantesca trasposizione di Erba (1998), venti elementi di scultura in trachite sarda, un insieme di stele rosate, accostate come rune, che portano fino a noi la scrittura della natura e del tempo, coi loro muschi e le loro inclusioni di quarzo e di ferro.
Come guardiani della memoria collettiva, sfidano con la loro inalterabile durata le lusinghe del nostro effimero mondo di immagini virtuali. E ancora alla terracotta l’autrice affida il monito severo di Esplosione (1996), grande installazione di frammenti di un corpo femminile, dedicata alla tragica disgregazione di una Grande Madre negata, che è però immagine di potere, non di sconfitta, in quanto ricomposizione, verificabile all’infinito, di una forte identità, femminile e mediterranea.

Paola Dessy è nata a Sassari, dove tutt’ora vive e lavora. I suoi esordi artistici avvengono negli anni ’50 nell’ambito della ceramica e dell’incisione in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità. Negli anni ’60-’70 aderisce ai gruppi di ricerca e di sperimentazione formatisi in città sviluppando un linguaggio essenziale ed analitico.

Caterina Limentani Virdis è storica dell’arte. Vive e lavora a Padova.

Paola Dessy
Verso un’historia naturalis
di Salvatore Naitza

 


Credo proprio che Paola Dessy non abbia mai voluto fare distinzione all’interno della sua vocazione artistica tra due tipi di attività, diverse di fatto benché curate da lei con uguale costanza, rigore e tenerezza: la grafica nella estensione più ampia e la pittura da un lato, la produzione ceramica - soprattutto - dall’altro. Non si è proposta, cioè, di elevare staccati estetici tra un’esperienza, per così dire, “primaria” (rivolta alla creazione di modelli formali e di una espressività propri, lungo il solco della tradizione superiore delle arti del disegno) e una seconda più marginale, indirizzata stavolta verso l’artigianato (quasi fosse un derivato pratico del più importante livello della sua creatività).
In realtà, la produzione di Paola Dessy non sembra rivelare, nel suo complesso, crepe o contrasti reali nelle sue intenzioni di fondo con due atteggiamenti contraddittori nei confronti delle varie realtà espressive del proprio lavoro d’artista. A proposito, e a ben guardare, non sarebbe neppure illegittimo; né infrequente, uno scarto di livello da parte di un operatore che si presenta al pubblico sia nella veste - consolidata da un'antica mentalità - di “artista” (nei dipinti, nei disegni, nelle incisioni, nelle composizioni materico-visive sperimentali etc.) sia in quella, tradizionalmente considerata “minore”, di artigiano (negli oggetti, nelle tazze, nei grandi piatti ... ). Ma, al contrario, non si concretano mai due mondi incomunicabili: uno teorico e l’altro pratico, uno di opere per la galleria d’arte l’altro per la bottega; e non sembra sussistere neppure il rapporto classico, e differenziante, tra idea ed esecuzione.
Si tratta certo di due momenti, non cronologici ma formali, che di diverso presentano la materia e il destino. È possibile affermare dunque che, tra i suoi disegni, le sue incisioni, i suoi dipinti e le sue ceramiche non c’è solo un rapporto di continuità e di continuità operativa, ma anche di ricerca. È una continuità che si è andata sempre più accentuando in questi ultimi anni, parallelamente con la evoluzione delle idee sull’arte e delle scelte di Paola Dessy, passata con grande autonomia e originalità a sperimentare forme e situazioni estetiche di viva attualità internazionale.
Oggi, nell’attività dell’artista sassarese si nota la coincidenza della sua fisionomia di operatore visivo con l’intera e variata gamma delle opere derivate dalle diverse tecniche da lei utilizzate; non ci potrebbe essere, ora, un giudizio accettabile su di lei se si tenesse conto solo di un settore del suo impegno. È infatti troppo evidente il trapassare dialettico da un campo all’altro di suggerimenti e suggestioni: dagli smalti agli acetati, dai reticoli grafici alle superfici ceramiche graffite, da idea a idea, da risultato a risultato. Non c’è differenza di senso, o diminuzione di valore fantastico tra le sue ”erbe” smaltate o ”nude” e le interpretazioni della profonda e molecolare vita vegetale eseguite a matita, o nei vari modi dell’incisione: si tratta sempre per Paola Dessy di giungere a percorsi simbolici, altamente astrattivi, della historia naturalis, regolata da ferree leggi, e dell’attualità storica della nostra quotidianità. Le sue “cassette” piene d’ombre e di trasparenze, come i suoi leggeri, diafani dipinti, sono della stessa natura delle sue tazze dalla geometria purissima o dei suoi piatti dal fondo opalino e dagli antichi preziosi riflessi.

Recentemente scomparso, lo storico dell’arte Salvatore Naitza è stato docente di Arte Contemporanea all’Università di Cagliari.

Ultimo numero ° News ° Archivio ° Chi siamo ° Contatti ° Sponsor ° Link